ARTICOLI E RECENSIONI

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Articolo di Mariacarmela Torchi in occasione del Premio alla Carriera Artistica conferito a Roma, presso la Sala Eventi Tiburtina,  27 luglio 2024.

Di seguito il link dell'articolo:
https://www.ildomanibleo.com/2024/07/29/roma-premio-speciale-alla-carriera-per-lispicese-daniela-fava/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR2IED1l20zEm_vWDRXdzdygBiLNwv0S4MxoOclSh4kxKMItrbgACa3dIVA_aem_AiPduBe_EJGopXa_r7ts2g

Intervista per Radio Dimensione Musica, Premio alla Carriera, al seguente link:
 https://youtu.be/bX4yI0Vr2_w?si=NaordAhbyETKmpjk


Articolo sullo spettacolo "Sicilia,  Terra d'Amuri, di Duluri e...", Atto unico di Daniela Fava. 

https://www.senzafine.info/2024/08/sicilia-di-daniela-fava.html


Con l'inferno nel cuore. Intervento del Prof. Vincenzo Campisi, Ispica, febbraio 2010

Le ragioni della leggerezza nella produzione letteraria di Daniela Fava

di

Vincenzo Campisi

Premessa

Le riflessioni che questa sera proporrò, commentando i primi due romanzi di Daniela (Storia di un amore infelice e Le radici dell'amore) e il suo ultimo romanzo Con l'inferno nel cuore, poggiano su quella che ritengo si possa definire una delle più alte finalità della comunicazione letteraria: offrire al lettore la possibilità di vedere sé stessi vivere nell'opera, immedesimandosi in un personaggio in modo più o meno diretto; in questo modo il lettore ha la possibilità di giudicare sé stesso dall'esterno, e quindi migliorare il proprio stare al mondo.

Nel mio intervento, cercherò, nello specifico, di individuare le ragioni di una vita improntata alla leggerezza esistenziale che si possono rintracciare nella produzione letteraria di Daniela.

Assunto di fondo che anima questo mio intervento è, infatti, che la letteratura possa contribuire a farci vivere la vita con leggerezza.

Tenterò, pertanto, di mostrare come in tutte e tre le opere di Daniela sia possibile cogliere una linea tematica comune: l'Amore va vissuto come dirompente carica vitale che non deve mai appesantire la nostra vita, gettando nello sconforto l'animo umano.

È proprio l'invito indiretto alla leggerezza che conferisce spessore letterario all'opera: la letteratura, è bene ricordarlo, ha anche funzione consolatoria, terapeutica, in quanto ha in sé la potenzialità di curare le ferite dell'animo umano.

Pur avendo nella finzione la sua ragion d'essere, il suo tratto distintivo, l'opera letteraria possiede il requisito della verosimiglianza e pertanto assolve a due importanti compiti, uno conoscitivo e uno esistenziale; da una parte offre al lettore la possibilità di conoscere situazioni che nella vita potrebbero essere vissute in prima persona, dall'altra offre la possibilità di riflettere criticamente su queste situazioni e di elaborare strategie esistenziali per fronteggiarle qualora dovessero essere vissute realmente; la lettura di testi letterari, insomma, ci fa trovare meno impreparati di fronte alle particolari situazioni che la vita può serbarci.

Aspetti linguistici

Prima di addentrami nell'analisi tematica del romanzo, mi ritengo opportuno precisare che l'opera, chiaramente, non ha solo pregi contenutistici, ma anche formali.

Per le mie osservazioni sugli aspetti formali prenderò in esame in primo luogo l'uso della lingua rispetto ai primi due romanzi in cui è presente un uso particolarmente sorvegliato della lingua, specie nei dialoghi, dove era difficile trovare espressioni tipiche del parlato.

Con l'inferno nel cuore è invece particolarmente ricco di dialoghi, in cui i tratti del parlato sono più frequenti (che sentivo il cuore come se stesse per saltare giù dal petto, esempio di 'che' polivalente, p.20) e ciò contribuisce non poco a vivacizzare la narrazione, ma soprattutto a farla sentire come un pezzo di vita reale.

A conferire valore letterario al romanzo contribuiscono vari elementi:

  1. accostamenti particolari tra sensazioni e immagini reali che sottolineano le sensazioni stesse: tutti i mie buoni propositi erano svaniti insieme al fumo grigio di quel treno in corsa, p.63;
  2. paragoni la cui carica semantica fa eco agli aggettivi delle proposizioni seguenti: Elena si lasciò andare come immersa in una danza vorticosa, si lasciò cadere sul freddo pavimento - l'aggettivo "freddo" carica di significato l'immagine suggerita dalla danza vorticosa;
  3. descrizione di paesaggi capaci di procurare un godimento estetico al lettore: in questi giorni di dolore, un'immagine mi è sempre apparsa davanti agli occhi: una verde distesa cosparsa qua e là da qualche albero e con molte margherite intorno, poi non molto distante l'azzurro del mare, "Storia di un amore infelice", p.44.

Nei romanzi di Daniela possiamo, inoltre, osservare quei "requisiti" di letterarietà delineati da Calvino nelle sue famose Lezioni americane.

♦ Leggerezza (avrò modo di parlarne in seguito)

♦ Rapidità (ricerca di espressioni capaci di esprimere pensieri complessi in modo rapido, conciso: Di lei non rimase che una sottile striscia di fumo che, lentamente, veniva spazzata via dal vento, che sempre più minaccioso, si era levato insieme alla pioggia che non si decideva a dar pace - descrizione del momento in cui Stefano vede allontanarsi il treno che porterà via dalla Sicilia Elena, quel treno che avrebbe voluto raggiungere prima che partisse: poche parole per descrive la complessità dello stato d'animo di Stefano, il tumulto dei suoi sentimenti contrastanti (p.57).

♦ Esattezza (disegno ben definito dell'opera; in questo Daniela è particolarmente brava, il romanzo è congegnato e scritto in modo tale che il lettore, nonostante le numerose anacronie, ricostruisce con facilità la struttura del racconto).

♦ Visibilità (produzione di immagini visuali che il testo genera nel suo fruitore: per me le stelle in cielo non avevano più alcun senso: avevo perso colei che me ne aveva regalata una e senza di lei, quel cielo, non era più lo stesso - l'immagine del dono di una stella da pare di un'innamorata è particolarmente suggestiva).

♦ Molteplicità (molteplicità di aspetti che caratterizza ogni uomo: Durante i tristi giorni della sua malattia, egli si chiedeva se questo fosse una castigo di Dio per aver abbandonato l'abito religioso e per il peccato commesso - tormento di un uomo che si arrovella nel tentativo disperato di trovare una fra le molteplici possibili ragioni che lo hanno condannato ad un'esistenza infelice - "Storia di un amore infelice", p.54).

Aspetti tematici

Ma veniamo agli aspetti tematici dell'opera di Daniela.

In ciascun romanzo l'amore viene visto come una forza in grado di determinare in negativo il corso dell'intera esistenza dei protagonisti; in particolare, vengono narrati tre tipi di amore infelice: un amore peccaminoso tra una donna e un frate (Storia di un amore infelice), un amore sconvolto da un tradimento e da una separazione (Le radici dell'amore), un amore adulterino (Con l'inferno nel cuore).

Lorenzo e Anna, protagonisti del primo romanzo, vivono una travolgente storia d'amore che farà condurre loro un'esistenza travagliata.

Maria e Carlo, protagonisti del secondo romanzo, vedranno infrangersi il loro "sogno" d'amore coronato dal matrimonio e vivranno la tragedia della distruzione della tranquillità familiare.

Stefano ed Elena, nell'ultimo romanzo, vivranno un amore adulterio che segnerà profondamente la loro vita.

Leggendo questi tre romanzi, e in particolare l'ultimo, il lettore ha così modo di riflettere su come troppe persone si distruggano la vita perché la caricano di un peso che in natura non esiste. Se avessero preso la vita con più leggerezza, i protagonisti dei romanzi non avrebbero di certo vissuto un'esistenza tormentata. Il lettore comprende cioè che l'uomo con le sue sovrastrutture è in grado di rovinare la sua esistenza, un'esistenza in cui la natura, molto spesso, pone le condizioni affinché venga vissuta serenamente.

C'è un passo del primo romanzo che sintetizza efficacemente questo concetto. Lorenzo, per il suo rapporto carnale con Anna, viene allontanato dal convento in un clima di forte pesantezza:

Il padre guardiano aveva dato ordine agli altri frati di non salutarlo

prima della partenza; infatti, per i corridoi e lungo il viale del convento, c'erano soltanto le mosche che col loro ronzio riempivano quel triste silenzio.

Eppure, quando Lorenzo

si accingeva ad aprire il cancello [...] camminava a passo lento e ogni tanto guardava la distesa fiorita, quella stessa distesa che, al suo arrivo, l'aveva abbagliato di bellezza. (p.25)

Quella distesa fiorita è lì a ricordarci che per noi è sempre possibile trovare un fiore nella distesa della desolazione che riusciamo a costruirci quando ci lasciamo vincere dal potere delle parole.

Quest'ultimo romanzo di Daniela è denso di frasi che invitano alla riflessione:

"Ero sposato da un anno con una donna che amavo più con la testa che con il cuore, nonostante ciò, la sposai" (p.11). Questa frase rende ragione di quanto dicevo: troppe volte nella vita ci lasciamo guidare dalla testa, simbolo delle parole razionalizzanti, più che dal cuore, simbolo delle parole millenarie che la saggezza della natura vi ha impresso.

Una particolarità del linguaggio di Daniela è il descrivere contenuti di spessore con un linguaggio centellinato nelle parole, quasi a voler solo limitarsi a suggerire uno spunto per riflettere.

Con queste poche parole viene descritta, ad esempio, tutta la sofferenza che provarono tanti Italiani che coltivarono il "grande sogno" americano: i genitori di Elena "nel pianto e nella totale disperazione, avevano attraversato l'Oceano per una vita migliore" (p.18).

La scrittura di Daniela diventa, invece, più ricercata quando vengono narrati momenti che, più che indurre alla riflessione, sono volti a procurare diletto nel lettore, come la descrizione delle sensazioni che si provano nella fase del primo innamoramento:

come era potuto succedere che io provassi una così forte attrazione per una ragazza che io nemmeno conoscevo, una sorta di stordimento dei sensi che non mi permetteva di muovere una arto, tanto era il potere di quella bellezza che mi attirava a sé [...] mi sembrava di impazzire, non capivo il perché delle reazioni avute prima, quel sudore freddo alle mani, l'angoscia che tentava di divorarmi lo stomaco, ancora non riuscivo a capacitarmene (p.19).

Notevole pure la descrizione dei momenti antecedenti al primo rapporto carnale:

Lei lo voleva, lo voleva tantissimo. Desiderava essere dominata da quel giovanotto dai folti capelli scuri e dagli occhi simili a due chicchi di caffè [...] ma allo stesso tempo sentiva dentro di sé tanta paura, poiché le venivano alla mente le raccomandazioni dell'austero padre [...] Indebolita da quelle sensazioni [...] aprendo la bocca per ricevere altri baci, si abbandonò volontariamente, avvinta dalla pressione del desiderio (p.35).

Fra le righe di questa descrizione, possiamo leggere anche un importante concetto che aleggia per l'intero romanzo: la sicilitudine.

Una delle caratteristiche della condizione di essere siciliani, che agisce ancora oggi potentemente, è il senso dell'onore.

Stefano, dopo avere appreso che Elena aspetta un figlio da lui, prova un senso di forte tormento, perché "aveva quell'insopportabile onore da salvare al paese, la bella immagine che gli altri si erano fatta di lui, custodita dal giovane come un tesoro geloso da difendere a tutti i costi, anche al prezzo della propria felicità" (p.53).

Il padre di Elena, quando scopre che la figlia è incinta, esclama: "dammi l'indirizzo di quel delinquente". Un lettore attento non può non osservare tutta la pochezza intellettuale che c'è dietro quel "delinquente"; delinquente viene giudicato un uomo che è un affermato professore, la cui unica colpa è l'aver voluto concepire un figlio.

Daniela, quando affronta concetti complessi, usa parole sobrie, senza voler mai ammaestrare. La sua è una letteratura dai risvolti pedagogici mai diretti. Tende ad ammaestrare senza opprimere il lettore con toni moraleggianti.

Ecco come descrive il risultato di un matrimonio fatto con la testa più che col cuore:

per me, quello, non era mai stato un matrimonio, ma una gabbia dentro cui vedevo intrappolati, giorno dopo giorno, i mie sogni le mie ambizioni, la mia stessa vita, era ciò che si suol dire una bella messa in scena: tutto perfetto agli occhi della gente [...] ma io soffrivo e quella vita infernale l'ho pagata col pianto, un pianto interiore che non aveva nemmeno il coraggio di uscire fuori, talmente ero attaccato all'immagine che avevo di me (p.64).

Non mancano, tuttavia, pagine in cui la lingua viene usata con ricercato compiacimento, per far riflettere su quanto duro possa essere il destino per chi non sa reagire.

Stefano, dopo essere stato con una prostituta, prova un senso di disagio profondo: "Tutto questo accade quando il dolore paralizza perfino la ragione e ci conduce tra i vicoli ciechi della vita, senza freni o inibizioni di sorta; quando un fiume di malinconia decide di farci approdare all'inferno".

Un altro grande pregio del romanzo di Daniela è la presenza di spunti di riflessione filosofica.

La maggior parte della gente vive ogni giorno una vita fittizia, nascondendosi dietro falsi idoli, falsi miti, dietro la menzogna dell'ipocrisia; noi invece, vivremo semplicemente l'apparenza di una vita che noi stessi abbiamo scelto di vivere e che gli altri credono sia vera, e sarà talmente vera che gli altri crederanno invece essere falsa, mentre la falsità si nasconderà nella sua stessa apparenza (p.83).

Questo passo del romanzo è uno dei più intensi, perché in poche parole viene condensata un'intera filosofia esistenziale.

John, il medico che aiuta Elena dopo il suo ritorno in America, le offre di salvare le apparenze, chiedendola in sposa, chiedendole di condurre un'esistenza in cui l'apparenza, la finzione è l'unica ragione che suggella la loro unione. E sarà proprio grazie a questa finzione che appariranno come una coppia perfetta, perché questa unione nasce per apparire perfetta. Ma come tutte le unioni che appaiono perfette, verrà giudicata dalla gente come un rapporto di facciata, finto: l'apparenza della perfezione del rapporto mette così al sicuro il segreto della loro unione in matrimonio.

Il nocciolo della filosofia esistenziale contenuta in queste poche righe è tutto qua: nell'apparenza si può condurre un'esistenza che mette al riparo dai giudizi che le persone possono dare sul nostro "io reale"; il nostro "io apparente", ossia il nostro io costruito, può anche essere oggetto di critiche, ma fino a quando non viene attaccato l'io reale, i giudizi altrui ci toccano solo leggermente. Anzi di questi giudizi possiamo anche sorriderne, perché provengono da persone che non sono state capaci di vedere ciò che realmente siamo.

A questo punto ritengo possa apparire più chiaro quanto dicevo in apertura: uno dei più grandi poteri della letteratura è vedere vivere tra le pagine di un libro la propria esistenza. Daniela ci offre in modo suggestivo un'immagine di questo concetto: "a Elena sembrava piacere quella vita insieme a John, fatta di bugie, di falsità nei confronti della gente che, come spettatori, assisteva a teatro ciò che i due sposi recitavano: una felicità apparente, un bel matrimonio, un grande amore".

Non è dunque un caso che il tema dell'apparenza domini a più riprese nel romanzo; rivolgendosi a Stefano, che dopo tanti anni si è deciso ad andare in America a cercar la sua amata, Elena proferisce queste parole, cariche di profondi significati: "Il tuo errore è stato nel voler salvare a tutti i costi l'apparenza, la tua reputazione, la tua falsa immagine, vivendo continuamente nell'ipocrisia e in quell'inferno che ti circondava". Ecco dunque che cos'è l'inferno: l'ipocrisia.

Il tema dell'apparenza viene trattato in modo notevole in quella parte in cui si narra dell'episodio che dà il titolo al romanzo. Dopo che Stefano ha lasciato partire Elena, capisce "che quella che ha condotto non è stata una vita, ma un inferno, un inferno, sì, e l'inferno era dappertutto, ma soprattutto lo era nel mio cuore" (p.103).

Ma Daniela ci ricorda anche che l'apparenza dell'esistenza non va mai giudicata con superficialità, con leggerezza, quasi a voler ricordarci che l'apparenza è una condizione dell'esistenza, non l'esistenza in sé. Parlando del tradimento, lo riconduce a uno spiazzamento della volontà, un deragliamento dalla realtà che ci ha dato dolore, una terza via. Pertanto, prima di giudicare è ben pensare che "ci sono cose nella vita che, all'apparenza sembrano molto semplici da spiegare, ma che in realtà sono molto ingarbugliate, e possono suscitare giudizi negativi da parte di chi osserva dall'esterno" (p.136).

Il tema dell'apparenza è anche presente in modo significativo nel romanzo Le radici dell'amore. Il padre della protagonista consiglia alla figlia di tornare col marito fedifrago per salvare le apparenze. Apparenze che hanno fatto gonfiare di dolore gli occhi di Maria e conoscere il dramma della depressione, fino a colpirsi con una lametta durante una crisi intensa, tentando di distruggere la bellezza del suo corpo, una bellezza che avrebbe potuto salvarla; la cura e l'attenzione alla bellezza spesso viene intesa e giudicata coma vanità, mentre invece possono essere più di un'ancora di salvezza, configurandosi come un valore da coltivare: la bellezza ci salverà!

Le vicissitudini attraversate da Maria hanno fatto nascere in lei un convincimento profondo, che si rivela un grande insegnamento: "la vita mi ha insegnato che devi prima rendere felice te stesso, poi pensare alla felicità degli altri! E prima di imparare questo, ero diventata ciò che gli altri volevano, non ciò che volevo essere io", p.72.

È questo, a mio avviso, un grande insegnamento, niente affatto egoistico: solo rendendo felici sé stessi, si potrà poi rendere felici gli altri; solo dopo aver seguito questo insegnamento Maria potrà dire di essere la "mia Maria", p.82.

È con un'ultima riflessione tratta dall'ultima pagina del romanzo che vorrei concludere: la vita è certo contraddizione (la vita è anche la morte, il piacere è anche dolore e la felicità è anche sofferenza), ma, vista con leggerezza, la vita è un continuo arrivederci, basta non guardare la vita con l'inferno nel cuore.

P.S. Se mi è concesso qualche minuto ancora, vorrei leggere una pagina del romanzo in cui, più che in certi manuali specialistici di scrittura creativa, Daniela riesce a farci capire che cos'è la magia della scrittura. Quelle che sto per leggervi sono le parole con cui Elena descrive la sua tecnica di scrittura :

Come faccio a scrivere queste storie? Le sogno, le immagino, a volte provo persino a viverle e sento che quei personaggi sono tutti racchiusi dentro di me. Per me quei personaggi e le loro storie sono vive. Attorno a me le mie eroine esistono: vivono in me. Io le evoco mentre con la mente le creo, ed esse vengono, perché sono io che do loro una forma, ed esse, quindi, mi appartengono. Quando scrivo la loro storia, io sono presa da un'emozione molto forte, che quasi mi affoga. È come se stessi narrando la storia di una persona che adoro. Quando scrivo sono felice, e mi entusiasma l'idea che le mie creature, con i loro dilemmi, i loro amori, con il loro coraggio, faranno palpitare altri cuori. E altri come me, sogneranno ad occhi aperti.

Con l'inferno nel cuore. Intervento del Prof. Domenico Pisana: Rosolini 29/05/2011

Profilo psicologico dei personaggi del romanzo Con l'inferno nel cuore di Daniela Fava

Modica, 06 novembre 2010

In questo mio intervento traccerò, per grandi linee, un profilo psicologico dei protagonisti dell'ultimo romanzo di Daniela.

In particolare mi soffermerò sulla figura di Stefano, mettendo in evidenza quali tratti del suo pensiero fanno sì che in lui si incarni la figura di uno dei personaggi negativi del mondo contemporaneo: l'inetto.

S. è un uomo che sposa una donna che "ama più con la testa che con il cuore" e che intreccerà una relazione adulterina con Elena, una relazione che lo farà vivere con l'inferno nel cuore. Un inferno che S. stesso, con la sua inettitudine, contribuirà a creare.

S. incarna bene una tipologia di persona oggi molto frequente, una persona adulta, istruita, ma incapace di assumersi le proprie responsabilità di padre, quando scopre di aspettare un figlio da un'amante, perché non vuole sporcare la sua immagine in società con un divorzio.

S., come tante altre persone, finirà per vivere un'intera esistenza angosciato da sensi di colpa, primo fra tutti quello di essere stato incapace di capire la natura profonda delle ragioni del proprio cuore e di quello dell'amante.

Prima di procedere oltre nell'analisi dei personaggi, ritengo opportuno precisare che le riflessioni che farò questa sera fanno leva su una delle funzioni più importanti della letteratura: amplificare le nostre possibilità conoscitive per affrontare future situazioni di vita analoghe a quelle descritte nei romanzi.

La lettura di un romanzo, infatti, ci induce a riflettere, in modo più o meno conscio, sulle nostre possibili reazioni qualora ci trovassimo in condizioni di vita analoghe a quelle narrate e ci induce ad elaborare strategie e atteggiamenti da assumere per affrontarli.

Tengo a evidenziare, inoltre, che ciò che dirò, altro non è che il frutto del mio personale giudizio sul personaggio S. Il mio parere, pertanto, non vuole porsi come un giudizio morale, quanto piuttosto come un giudizio estetico.

La vita, a mio avviso, va vissuta anche per costruire nella propria mente un repertorio di esperienze belle, ma spetta a noi ingegnarci per porre le condizioni di una vita bella. E S. è incapace di porre proprio queste condizioni.

Sposa una donna dopo un fidanzamento di poco più di un anno, ben sapendo che non era la sua principessa. Quando sua moglie è incinta, si illude che la nascita del figlio possa far cambiare qualcosa, pensiero tipico di chi non ha ben chiaro cosa significhi amare la propria donna. Una donna che S. sceglie anche perché andava bene alla sua famiglia, chiaro segno di chi sceglie la propria metà non tenendo in alcun conto le ragioni del cuore.

Quando conosce E., l'amante, S. inizia a conosce tutti i "sospiri" dell'amore. La prima volta che la incontra, sente "il battito del suo cuore invadere i timpani e fondersi con la luce di quegli occhi intimiditi".

Ma è ormai sposato e non prende in considerazione l'ipotesi di una separazione da sua moglie, neppure quando viene a sapere che E. aspetta un figlio da lui, perché S. è un uomo che vive per "l'occhio sociale", un uomo che pensa alla società come a un'entità che non potrebbe capire le ragioni di una separazione.

Ritengo che ci sia un motivo ben preciso per cui Daniela si soffermi a descrivere la magia dell'innamoramento, con espressioni particolarmente suggestive, come queste: S. pensa alla "curva rosa delle guance, ai suoi lunghi capelli chiari agitati come dal vento autunnale, al calore dei suoi occhi in cui si perde come colui che percorre un campo di grano e, correndo tra una spiga e l'altra, sente un'ondata di sudore ricoprirgli il volto"

La cura che dedica nella descrizione delle emozioni che accompagnano l'innamoramento sembra voglia essere un invito a riflettere su quanto importante sia l'Amore nella società odierna che sempre più, proprio come S., coltiva il culto dell'immagine più che quello della propria persona.

E., simbolo delle ragioni del cuore, dell'Amore, è infatti capace di riflessioni particolarmente profonde: un giorno, parlando delle linee che abbiamo sul palmo della mano, dice a S.: "Non conta tanto quello con cui sei nato, le linee della mano cambiano via via che uno cambia, conta ciò che nella vita vuoi fare di te stesso".

Attorno a questa riflessione di E. ruota l'intera struttura narrativa del romanzo, che da qui in poi è un susseguirsi delle scelte di vita sbagliate di S. che lo faranno vivere con l'inferno nel cuore.

S., infatti, pur sapendo che sua moglie è "fredda, acida, un sasso", non è capace di troncare. Quando è a casa con la moglie è "sempre nervoso, ansioso, non riesce mai ad essere veramente felice"; con E. invece trascorre ore travolto dall'euforia.

La cappa di convenzioni sociali pesa anche sui momenti precedenti al loro primo rapporto carnale: poco prima di congiungersi, lui si vergogna di non saper gestire la propria virilità e lei è tormentata dalle raccomandazioni paterne, un siciliano emigrato in America, profondamente legato alle tradizioni siciliane in tema di relazioni sentimentali.

S. vivrà così con un grosso peso sulla coscienza che gli schiaccia lo stomaco, avvilito per aver fatto un torto a sua moglie e a suo figlio. In bilico tra il desiderio che tutto ciò che ha fatto potesse svanire di colpo e l'ansia di non voler dimenticare quello che era successo.

Anche dopo la nascita del figlio, S. non riesce a togliersi dalla mente E., con cui farà l'amore più volte; ma sul loro rapporto presto comincia ad aleggiare un'aria di decadenza: il loro reame d'amore in cui consumano i loro amplessi sono quattro fradice mura di una vecchia casa in un giardino.

Quando E. gli chiede cosa provi per lei, S. le dice che non la ama perché si può amare solo una donna e lui ama la donna che ha sposato; ma sa bene che dice ciò solo perché prova il senso di colpa di aver infranto il sacro vincolo del matrimonio.

Eppure Concetta, sua moglie, lo opprime al punto tale da rendergli la vita impossibile: sarà solo per non sopportare le sue scenate che deciderà di vedere di meno E. A prendere questa decisione contribuisce anche la paura di vedere saltare in aria i sacrifici di una vita: moglie, figlio, carriera.

Ma tuttavia S. sa bene che il suo comportamento è da vigliacchi.

Quando il Dottore, altro personaggio del romanzo a cui S. racconta la sua vita, gli fa notare che "a far predominare l'orgoglio sui sentimenti, si finisce per rimanere affogati in un mare di rimorsi e di rimpianti", S. oppone una debole difesa, sostenendo che allora era il 1969. I sentimenti profondi delle persone, però, non cambiano in pochi decenni, come possono cambiare i costumi, le abitudini. Inoltre, la consapevolezza di far soffrire qualcuno quando si gioca con i suoi sentimenti è un sentimento che non conosce età. S. sa bene tutto ciò: per questo in tanti anni non è stato in grado di trovare pace.

Il suo tormento è quello che vive un uomo che ha commesso un errore madornale nella propria vita, pienamente consapevole di commetterlo. Quando infatti E., prima di far ritorno a New York, gli dice che aspetta un bambino, S. capisce che "l'unica cosa che non avrebbe potuto fare era lasciare sua moglie per seguirla", e in quella certezza percepisce le tracce del dolore della sua vita futura.

Alla donna che gli ha fatto capire che l'amore è una "coperta che ti fa stare al caldo tutta la vita, ma toltala, fa sentire freddo", S. non regala la gioia più grande per una donna: vedere il proprio partner esultare all'esito delle analisi che confermano una gravidanza; resta indifferente, eppure sa che vorrebbe partire con lei, "ma aveva quell'insopportabile onore da salvare in paese, la bella immagine che gli altri si erano fatta di lui, da difendere anche al prezzo della propria felicità".

S. ha piena consapevolezza di essere un inetto, un vigliacco e se ne rende pienamente conto quando prova una forte amarezza nel guardare la finestra della casa da cui tra poco uscirà E. per prendere un treno per fare ritorno in America, ma non riesce a trovare il coraggio per correre da lei.

Rocambolescamente, cercherà di raggiungere il treno in partenza, ma non ce la farà e urlerà al vento il suo amore, sperando che il vento porti le sue parole a E., ma invano: da quel 14 aprile 1969 S. sa che inizia la sua "non vita".

Una vita in cui il matrimonio verrà vissuto da S. come una gabbia, una bella messa in scena che pagherà con un pianto interiore: a S. è ben chiaro che la vita vera era svanita insieme col treno che ha portato E. via.

S. pagherà amaramente la sua inettitudine, finirà per passare da un'etèra a un'altra perché con "il buio nell'anima, il dolore paralizza la ragione e conduce tra i vicoli ciechi della vita senza inibizioni di sorta e il fiume della malinconia ti porta all'inferno."

L'inettitudine di S. è tale che deciderà di andare a New York solo dopo che scoprirà un tradimento della moglie, sentendosi quasi "autorizzato"; nel viaggio che lo condurrà negli USA, proverà addirittura un'insana sensazione di invidia al pensiero che qualcuno possa averla posseduta o sposata, è "attanagliato" da questa idea, è geloso!

Quando, giunto a N.Y., inizialmente, non riesce a trovarla, pensa subito che se non dovesse più rivederla, finirà per rifugiarsi nella sua inettitudine. S. cioè percepisce se stesso come persona incapace di essere protagonista della propria vita: si lascia vivere dagli eventi.

Quando poi, a causa di alterne vicende, S. finirà per essere ospitato nella casa di E. e del dott. John, suo marito, lacerandosi al pensiero che il medico possa possederla, cercherà di convincere E. che lei non ama J. come ha amato lui. E. gli dirà una definizione d'amore che spalanca un ritorno di fiamma: ""L'amore è simile al sole: scalda, irradia, illumina ovunque e chiunque, ma è anche freddo, buio, desolazione. Se ne sente il bisogno per riempire quel vuoto che abbiamo dentro, per cui chiediamo di essere amati; essere amati per essere felici".

Ma il ritorno di fiamma S. lo vive con l'inferno nel cuore: se E. è attratta da questo amore ambiguo, S. capisce di dover ripartire per non rovinare di nuovo la vita di E., ma poco prima di partire le dice che spetta a E. decidere tra lui e J. Cioè ancora una volta non è in grado di assumere una decisone.

Eppure S. capisce bene che E. è di nuovo presa, perché piange lacrime amare al pensiero che lui parta, non vuole perderlo un'altra volta.

Quando S. le dice che sta per darle l'ultimo bacio prima di partire, E. pensa che non poteva essere l'ultimo bacio, ma che ne sarebbero seguiti altri cento, mille, infiniti baci. "Io ti seguirò! Anche se questo amore dovesse trascinarmi all'inferno, io ti seguirò!"

Ma S. decide di partire, dimostrandosi ancora una volta incapace di capire che può essere l'artefice della propria vita e incapace di cogliere le ragioni dell'amore autentico provato da E.

A riprova della sua inettitudine, dopo la sua partenza, farà pervenire a E. un telegramma per comunicare la sua morte in un incidente stradale.

Quando, a conclusione del romanzo si rincontrano, E. tirerà le fila della loro storia, condensando in poche parole un'intera filosofia esistenziale: giunta al termine dei suoi giorni per una terribile malattia, gli dirà di aver capito che ciò che l'ha fatta soffrire amaramente in realtà è accettabile, "dipende da quale punto si osserva la vita; perché la vita stessa è così: una ripetuta contraddizione dove la vita è anche la morte, dove il piacere è anche dolore e dove la felicità è anche sofferenza".

E. ci regala così forse il più grande insegnamento del romanzo: l'amore vero non conosce addii ma solo arrivederci. Se si guarda alla vita con questa consapevolezza, forse, si potrà vivere la vita senza l'inferno nel cuore.

Critica letteraria

Premio "La forza dei sentimenti", Roma 2012

Romanzo Oltre i limiti della ragione. Una storia tra Amore, Teatro e Follia .

 
Può la passione scatenare impulsi tanto primordiali fino a spingere ad uccidere, se traditi da essa stessa? Ebbene sì, se ci si trova di fronte ad un personaggio così forte e contemporaneamente fragile come l'attrice che anima le stupende pagine del romanzo della scrittrice Daniela Fava. L'omicidio per lei è l'unico espediente per cancellare dal cuore la disfatta di un amore insano e deleterio per la propria esistenza, per dimenticare che ha causato l'infelicità di altre persone accanto a lei. Romanzo scritto con grazia e maestria, contraddistinto da un'ottima prospettiva di introspezione psicologica.

dott.ssa Carmela Gabriele

DANIELA FAVA, IRIS, Romanzo,

Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2013

Relazione di Corrado Calvo

Iris, il romanzo di Daniela Fava, consta di 210 pagine ed è diviso in tre parti. Non si tratta di una divisione casuale, perché ognuna di esse svolge un segmento importante nell'orditura della trama, che si presenta abbastanza complessa e diligentemente costruita. In essa niente è lasciato al caso, anzi dissemina indizi che alla fine torneranno utili per l'agnizione finale. Il lettore più avvertito può individuarli fra le righe e con gusto seguirli passo passo prefigurandosi quello che poi accadrà.

Il romanzo si avvale di un luogo e una cornice storico temporale ben precisi: l'Italia fra i due conflitti, con le lotte, il nazionalismo retorico e i misfatti del nazifascismo, per poi intrecciarsi con i nostri giorni attraverso l'ossessione di Bianca e il racconto dell'anziana Camilla.

I personaggi sono diversi e ben caratterizzati.

Bianca è la giovane, alla vigilia delle nozze, tormentata da sogni ricorrenti e impressionanti su una sconosciuta che sembra volerle dire qualcosa. Queste visite notturne negli ultimi tempi si avvicendano con allarmante frequenza e le fanno perdere la serenità. Si intensificano ancor di più durante il viaggio di nozze, nella permanenza a Venezia, che per qualche motivo sembra strettamente legata ai suoi sogni. Si pensa a disturbi della psiche e a stress, tanto da portarla sul lettino dell'analista prima e a ricercare perfino l'aiuto di un sacerdote poi.

La sconosciuta che viene a trovarla in sogno, si verrà a scoprire, è vissuta durante le due guerre e per qualche ragione che non conosciamo ha scelto la nostra protagonista, che si getta in una ricerca disperata pur di trovarne il motivo. Sapremo in seguito, grazie a questa ricerca, che il suo nome è Iris.

Camilla è la novantenne amica e sorella di latte di Iris, che racconterà a Bianca, quando la giovane nella sua caparbia ricerca si imbatterà in lei, di Iris e della sua bellezza, delle sue traversie patite a causa dell'odio della vendicativa sorellastra Emma.

Emma, che gradualmente si rivela nel suo ruolo di antagonista, nobile e pasionaria fascista, andrà in sposa a Giorgio Ferris promettente rampollo della borghesia industriale veneta e ben inserito nei quadri del PNF.

Il Duca De Labier è il padre di Iris e di Emma: fa la sua apparizione in una notte di pioggia all'inizio della seconda parte del romanzo, reca in braccio una bambina che consegna alla governante, mentre la moglie a lungo ammalata sta per esalare l'ultimo respiro. Quella bambina è Iris e a tutti viene presentata come sua seconda figlia, la cui venuta al mondo ha procurato la morte della moglie.

Madame Colette è una prostituta giunta dalla Francia che ha aperto a Venezia una elegante casa di appuntamenti. Di lei si è invaghito e poi sinceramente innamorato il duca, tanto da farci una figlia.

Giorgio Ferris sposa Emma e poi, quando è fiorita come donna, si innamora della giovane cognata. Frattanto Emma, grazie alla rivelazione del padre in punto di morte, viene a sapere che in realtà Iris è sua sorellastra, frutto della relazione del padre con la maitresse Colette, e da quel momento inizia una guerra senza quartiere con l'innocente e ignara fanciulla, confinandola in un collegio di suore e facendole terra bruciata attorno. Poi c'è la guerra vera, le sconfitte, le ritirate strategiche dell'esercito mussoliniano, fascisti contro partigiani, campi di concentramento e il giovane bello e buono Sandro (in arte Libero), di cui s'innamora Iris che dopo sconvolgimenti e traversie, rivelazioni e quant'altro è andata a vivere in una tenuta di campagna.

Non vi racconto altro sulla trama, di proposito non ho voluto essere più preciso, perché i libri si leggono, si gustano nello svolgimento della trama, nel dirimere nodi, nell'interpretare segni e caratteri. Dirò soltanto che non mancano i colpi di scena e in ultimo una agnizione finale. E', quello di Daniele Fava, un giallo, perché vi si conduce una ricerca che disvela a poco a poco. E' a tratti un saggio di storia perché si inserisce in una cornice storica con riferimenti anche didascalici sullo sviluppo dei fatti storici. E' un romanzo vecchia maniera, perché l'autrice sapientemente tiene a mischiare gli ingredienti e a tenere sempre desta l'attenzione dei lettori. Sembra, del resto, suggerircelo lei stessa inserendo alla vecchia maniera dei disegni illustrativi all'interno del romanzo.

Il libro è percorso da un dualismo manicheo, che separa con un discrimine netto la personalità e i comportamenti delle due sorellastre, rappresentando gli estremi di una concezione etica dell'esistenza e della relazione interumana. Il polo positivo è rappresentato da Iris, che è la vittima inerme destinata a patire il rancore e la cattiveria della forza del male: innocente, generosa, caritatevole, eroica sino al rischio della vita; è antifascista, farà la staffetta partigiana, cura e nasconde i partigiani.

Dall'altro lato c'è Emma: fascista sin nelle midolla, adoratrice del Duce e delle leggi razziali, vendicativa sino alla denunzia dei servi prima e della sorella poi ai tedeschi, sarà la responsabile dell'internamento di Iris nell'atroce campo di concentramento, si macchierà del sangue del notaio e della sua famiglia, di quello della governante e della sorella. Il male allo stato puro e la sua fine è studiata in questa ottica: morirà bruciata, arsa dalle fiamme dell'incendio.

L'odio, il rancore e la vendetta consumati all'interno della famiglia è materia letteraria antica, addirittura affonda le sue radici nelle fiabe della nostra infanzia (Biancaneve con la matrigna, Cenerentola con le sorellastre) evolvendosi in situazioni sempre più sofisticate, come quella raccontata in L'estranea, dell'inglese Patrick Mc Grath , pubblicata dalla Bompiani.

In Iris lo stile letterario di Daniela Fava, che nel tempo (come ci dichiara Cristina Scucces) è divenuto più "ricercato, acuto, sicuramente sempre più gradevole, con un crescendo che ogni volta supera ogni aspettativa", è diventato ancor più accattivante e scorrevole.

Daniela Fava sa ben usare gli artifici letterari e i suoi simbolismi. Richiamo la vostra attenzione:su due elementi: l'acqua e il mazzolino di iris che tornano nel racconto.

Acqua. La sconosciuta appare in sogno a Bianca sempre nel filtro dell'acqua, l'acqua dei rii e della laguna, scopriremo infine. La bambina Iris appare in una notte di pioggia e portata nella casa del duca. Un altro bambino (che avrà il suo ruolo nella storia), invece, sempre in una notte di pioggia, verrà lasciato sul sagrato di una chiesa veneziana, la signora duchessa, madame Colette e la stessa Iris troveranno la morte in una serata di pioggia.

L'acqua è sempre presente nei passaggi importanti del romanzo e della vita dei suoi personaggi. Nella morte, come nella vita. Non dimentichiamo che la vita nasce nel fluido amniotico, acqua speciale.

Iris è un fiore, ma è anche il nome di uno dei personaggi principali che dà il titolo al romanzo. iris è, però, anche la Francia, il marchio di fabbrica che accompagna i sogni di Bianca: la sconosciuta è sempre vista accanto a un mazzo di iris, madame Colette proveniente dalla Francia usava la fragranza dell'iris, l'iris apparirà come indizio rivelatore nella parte finale che disvela l'arcano.

La storia di Bianca è paradigma della storia di ogni donna che caparbiamente si ostina a cercare la verità anche a costo di precipitare nello spaesamento e nella crisi di identità, di affidarsi alle cure dell'analista o alla parola del sacerdote quasi fosse un'ossessa bisognosa dell'esorcista. Riuscirà alla fine, grazie alla sua tenacia, a scoprire la verità e con essa troverà le sue radici.

Due messaggi si ergono sul romanzo o se volte ne vengono fuori: il primo, inerente il contesto storico, il secondo quello della giustizia, entrambi sensibilmente etici.

Contesto storico. Parlavo di una cornice storica che fa da impalcatura al romanzo. Apprezzo la con cui

L'autrice affronta il dramma della guerra e dell'ideologia politica che sottosta al fascismo, fondata sulla negazione della libertà umana, con una certa levità, o se volte con "una sorta di distrazione", come l'ha chiamata uno dei critici del romanzo. Emblema di esso è il personaggio Giorgio Ferris, marito di Emma e cognato di Iris. Egli aderisce al Fascismo, pur non condividendone appieno il pensiero, perché vede nel Duce l'uomo della provvidenza in grado di risollevare le sorti del paese in crisi. E', questa di Fava, una lettura del fascismo che fu in qualche modo quella della maggioranza degli Italiani, pronti poi a ricredersi quando il regime mostra il suo vero volto e anche a combatterlo, come farà Sandro, il partigiano protagonista della grande storia d'amore con Iris. E sempre in questo contesto, Iris rappresenta chi si trova a combattere il fascismo non per ideologia (Sandro) o per delusione (Giorgio), ma solo perché avverte naturalmente che imperialismo retorico e imbelle e leggi razziali sono contro la libertà e la dignità dell'uomo.

Nello scontro con i repubblichini Giorgio rimane ferito ed Iris per curarlo lo porta alla tenuta diventata ricovero per i perseguitati del regime. Poi i due si innamorano e dal loro amore verrà concepito un figlio: (il padre di Bianca) che né Iris né Sandro vedranno. Sandro non lo vedrà perché ucciso mentre lotta da partigiano. Iris non vedrà il bambino perché Emma, appena partorito, glielo sottrae dicendole che il bambino è nato morto.

Il tema della giustizia è interpretato dalla figura del notaio ebreo che custodisce il testamento del Duca, in cui si racconta della nascita di Iris e si danno disposizioni che la tutelano, minacciando di diseredare Emma se non si atterrà alle disposizioni che detta. Emma ha intuito la minaccia del testamento e costringe il notaio a consegnarglielo e, una volta entratane in possesso, per cancellare ogni traccia ordina di ucciderlo e di sterminare la sua famiglia. Ma non sa che il documento in suo possesso non è altro che una copia e che il notaio è riuscito a fare arrivare nelle mani di Iris l'originale. Il male non può trionfare: l'apertura del testamento originale provoca l'esclusione di Emma da ogni proprietà.

Ma affinché il trionfo della giustizia sia completo ci vuole il pentimento del cattivo con relativa punizione. Ed ecco l'artificio funzionale del ritrovamento del quaderno-diario di Emma, che ci scodella per intero tutta la verità di come sono andate effettivamente le cose, chiarendo i lati oscuri dell'intera vicenda intrisa di menzogna e inganno. E il cattivo, in questo caso la sorellastra Emma, non può non bruciare che fra le fiamme: in attesa di quello dell'inferno l'autrice la fa arrostire nell'incendio della casa.

Grazie a quel quaderno Bianca scoprirà che Iris non si è suicidata e che il suo bambino, che Emma aveva ordinato di uccidere, non era figlio di suo marito Giorgio, come erroneamente aveva sospettato, bensì di un partigiano. E se quel bambino è sopravvissuto o meno e con quali conseguenze lo scoprirete leggendo il libro.

Intervista in Cinque puntate,  "Le Cantine di Platone", Imola, 2012. Vedi di seguito il video.

Relazione di

Giovanni Criscione

Romanzo Iris


«Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all'uomo come in effetti è. Infinito».

Questa frase, tratta dal The Marriage of Heaven and Hell del poeta, scrittore e artista visionario William Blake (1757-1827), potrebbe diventare l'epigrafe di Iris.

L'idea-forza del nuovo romanzo di Daniela Fava, che ricorre anche nella sua precedente produzione letteraria, è che ci sono cose che possiamo spiegare solo con l'esistenza di dimensioni parallele ove agiscono forze arcane e misteriose. Per entrare in contatto con questa realtà paranormale bisogna porsi in uno stato ricettivo, di ascolto, libero da pregiudizi.

Del resto nella vita di tutti i giorni accadono cose inspiegabili. Dejà vu, sogni ricorrenti, presentimenti, premonizioni ci spalancano le porte di un mondo ignoto che cerchiamo di soffocare entro gli angusti confini della razionalità e che invece dovremmo imparare ad esplorare. Proprio come la protagonista del romanzo.

Iris è ambientato nel presente (2011) tra Venezia e la Sicilia. È un giallo, anche se non mancano incursioni in altri generi letterari, come il romanzo storico e il gotico. Vi si affronta un cold case, un caso irrisolto risalente a 70 anni prima: una morte archiviata come suicidio, ma su cui non è ancora venuta fuori tutta la verità.

La protagonista, Bianca, è una trentatreenne insegnante precaria di francese che vive e lavora in un paesino ai piedi dell'Etna. Sposa nelle prime pagine del libro Antonio, un docente di matematica e scienze.Meta del viaggio di nozze è Venezia. Bianca ha un legame profondo e misterioso con la città lagunare. Non solo perché il nonno e il padre hanno origini ve­neziane, ma anche perché ha una spiccata sensibilità verso i fenomeni paranormali.

Bianca, fin da piccola, sogna una giovane donna con un iris in mano. La protagonista non sa chi sia o cosa sia quella dama con l'iris, ma nel profondo è come se la conoscesse da sempre. Poi la notte prima delle nozze, accade qualcosa che le cambia la vita. La donna sognata le rivolge la parola. I sogni, le visioni, gli stati di trance si moltiplicano. E diventano sempre più inquietanti e angoscianti.

Una serie impressionante di coincidenze, la attira nei luoghi in cui la misteriosa dama con l'iris ha vissuto. L'albergo veneziano - ricavato in un settecentesco palazzo nobiliare - in cui gli sposi alloggiano è uno di questi. Non a caso Bianca, imboccato per errore un corridoio chiuso al pubblico, scopre in una galleria il ritratto della dama con l'iris.


Chi è quella donna e cosa vuole da lei? Cosa le sta accadendo? Che legame ha con quelle visioni? Sono queste le domande che Bianca si pone sempre più insistentemente. Secondo il marito quelle visioni sono il frutto d'immaginazione, stanchezza o, peggio, crisi di nervi. Dietro sua pressione, Bianca entra in cura da uno psicoanalista, poi si rivolge a un prete. Entrambe le vie si rivelano fallimentari.

Non le resta, dunque, che affidarsi allo studio dei fenomeni paranormali e ammettere il fallimento della scienza umana e della dottrina religiosa. Comincia a consultare libri esoterici su apparizioni di defunti, viaggi nell'aldilà e comunicazioni con entità invisibili. Si scontra con lo scetticismo, con l'incredulità, con gli inviti a lasciare stare, che creano tensioni tra lei e il marito e i genitori. Ma alla fine si mette caparbiamente alla ricerca della verità che la porterà alla conoscenza di sé e delle sue vere origini.

Bianca, dunque, vola a Venezia per raccogliere notizie e informazioni dalla flebile voce dell'ultima proprietaria dell'albergo, la novantenne Camilla. Solo l'anziana può dirle chi è la dama con l'iris, ritratta in quel quadro.


Il suo racconto è un flashback sulla storia di una nobile famiglia veneziana, dal 1921 al 1945. In una notte di pioggia il duca De Labier porta a casa una neonata, frutto di una relazione extraconiugale con madame Colette, una prostituta francese che ha fatto fortuna a Venezia divenendo la tenutaria di una lussuosa casa di piacere. Alla bimba è dato il nome Iris, perché questo fiore è stato il portafortuna e il simbolo stesso della madre, morta durante il parto.

Iris, ignara delle sue origini, cresce con la sorellastra Emma, figlia legittima del duca e della moglie, anch'ella prematuramente scomparsa. Le due sorelle hanno caratteri opposti: tanto Emma è crudele e senza cuore, quanto Iris è dolce e sensibile. In punto di morte, il duca ottiene da Emma la promessa che manterrà il silenzio sui natali della sorella, almeno finché questa non raggiungerà la maggiore età, pena l'esclusione dall'eredità in virtù di un vincolo testamentario.

Emma comincia a covare verso la sorella un odio così forte da innescare una vera e propria persecuzione, senza esclusione di colpi, lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue. La donna teme di dover dividere l'eredità con la "bastarda" e la fa crescere in un collegio di suore da dove esce solo da maggiorenne. Ai motivi personali di odio (il rancore per l'amore paterno che ha dovuto dividere con lei, l'invidia per la sua bellezza, il timore di perdere l'eredità) e alla gelosia (il proprio marito, Giorgio Ferris, figlio di un industriale del Nord e dirigente del partito fascista, nutre un segreto amore per Iris), si aggiungono anche le ragioni politiche quando Iris, dopo l'8 settembre 1943, si unisce ai partigiani sulle montagne.

E qui si consuma una vicenda d'amore e morte, odi e speranze, viltà ed eroismi, sullo sfondo dei drammatici eventi che sconvolsero il paese durante la seconda guerra mondiale. Iris si innamora di un partigiano, Sandro alias "Libero", viene catturata dalle SS e deportata nel campo di concentramento femminile di Ravensbruck vicino Berlino dove subisce umiliazioni e torture. L'autrice compie un lavoro di puntuale e puntigliosa ricostruzione storica attraverso la lettura di saggi storici sulla Resistenza e sull'Olocausto. Liberata grazie all'intervento del cognato Giorgio, ufficiale fascista, ritorna nel palazzo della sorella per trascorrervi la convalescenza. È qui che dà alla luce un bimbo, concepito con "Libero" (nel frattempo ucciso dai nazisti). Emma incarica una serva di toglierle il bimbo e ucciderlo. Per lei, che non ha avuto figli, quel bimbo minaccia l'integrità del suo patrimonio. Ma la serva non ha il coraggio di compiere l'infanticidio e lo abbandona sulle scale della chiesa di Santa Maria del Giglio, avvolto in una coperta dov'è ricamato un iris di stoffa.

Si ripete qui, ma a parti invertite, la situazione precedente: prima, Colette muore nel darla alla luce di Iris e il padre la porta a casa con sé in una notte di pioggia. Ora, Iris partorisce un bimbo che non ha più un padre e che è abbandonato in una notte di pioggia sulle scale della chiesa di Santa Maria del Giglio. Lì il neonato è al sicuro perché su di lui veglia la Madonna con l'iris. Poi la puerpera sarà inghiottita per sempre nelle acque scure di Venezia. Suicidio od omicidio? Non aggiungo altro per non svelare la conclusione.

Iris presenta due livelli di lettura. La qualità principale del romanzo, evidente già a una prima lettura, sta nella narrazione avvincente e intrigante, ricca di suspense e di mistero. Nelle sue pagine c'è qualcosa di magnetico che cattura il lettore e lo spinge ad arrivare subito alla fine.

A un secondo e più profondo livello di lettura emerge, invece, l'abilità dell'autrice nel tessere una complessa trama narrativa, fitta di rimandi, precorrimenti, relazioni simboliche, riferimenti interni, giochi di specchi, simmetrie e coppie oppositive, dove ogni dettaglio, anche quello in apparenza più irrilevante, possiede un significato preciso in un'architettura di senso dove tutto si tiene.

Per ascoltare le voci dell'ignoto, il cuore e la mente devono purificarsi, devono essere candidi come un iris. Da qui il nome-simbolo delle protagoniste femminili: Bianca e Iris. L'una è l'alter ego dell'altra. Entrambe entrano in contatto con una dimensione paranormale. A Iris, prigioniera nel campo di concentramento nazista, appare in sogno la madre che le reca conforto e la invita a resistere; mentre è convalescente in casa della sorella, sogna il "suo" partigiano che le comunica la propria morte.

Bianca-Iris: il loro è un nomen-omen, un nome che reca in sé un destino. "Iris" è il nome greco dell'arcobaleno, simbolo di ritorno alla quiete rasserenatrice dopo le tempeste della vita. Ciò vuol dire che le protagoniste non si acquieteranno finché non avranno scoperto la verità. Purezza, dunque; ma anche ricerca della verità e aspirazione alla quiete. La pioggia, che ha un legame dialettico con l'arcobaleno, scandisce i momenti cruciali della loro vita. Piove quando Iris viene al mondo, quando il notaio le consegna il testamento del duca De Labier, che scatena la furia distruttrice di Emma. Ma anche quando il bimbo di Iris è abbandonato sulle scale della chiesa.

Se tra Bianca e Iris vi sono forti somiglianze e analogie, la seconda ha un legame oppositivo con Emma, non solo dal punto di vista caratteriale. Iris è fertile e dà alla luce un bimbo, mentre Emma è sterile e non può avere figli. Diverse nella vita, le due donne vanno incontro a morti opposte. Iris annegherà nell'acqua del mare, Emma morirà fra le fiamme sprigionatesi dal camino.

Su un piano simbolico, l'acqua è la sorgente della vita, la matrice che sotto forma di liquido amniotico e acque primordiali dà inizio alla vita. L'acqua rappresenta il principio femminile per eccellenza. Dalla sorgente in cui nasce, giunge al mare, diventando prima torrente e poi fiume in un processo di continua trasformazione che è la sua vera forza. L'acqua scorre nelle profondità della terra e torna in superficie portando con sé energie segrete.

Il fuoco racchiude il principio maschile, inciterebbe ad un azione distruttrice se non fosse moderato dagli altri elementi. L'acqua si oppone alla forza distruttrice del fuoco. Nell'iniziazione esoterica, il fuoco ha una funzione purificatrice, bruciando ogni desiderio e passione.

Parallelismi simili si ritrovano anche tra i personaggi maschili del romanzo, Giorgio Ferri e il partigiano "Libero" uniti dall'amore per la stessa donna, ma divisi dall'ideologia politica e dal tradimento di una causa. "Libero" è un disertore dell'esercito passato nelle file dei partigiani. Giorgio è un ufficiale fascista doppiogiochista. Nessuno dei due riesce a proteggere Iris dalla fine che la attende.

Queste corrispondenze di nomi e di significati poggiano su una struttura profonda del testo che è quella del tempo circolare. Il tempo ciclico è come una ruota in cui tutti gli esseri eternamente nascono, muoiono e rinascono, come in una sorta di reincarnazione delle anime.

Da questo punto di vista, due temi acquistano a mio avviso un ruolo centrale nel romanzo. Il primo è la maternità, l'altro è quello della memoria. La procreazione rappresenta non soltanto il filo sottile che lega tra loro i protagonisti della storia con oscuri legami di sangue ma anche lo strumento attraverso cui il destino si compie. Nel sangue "scorre" il destino: «Noi tutti siamo prigionieri del nostro destino - l'autrice fa dire all'anziana Camilla - in quanto nel nostro sangue scorre il nostro destino» (p. 184). Gli spettri, le ombre del passato, le voci dell'al di là, fuori di metafora rappresentano non solo la memoria biologica che lega gli individui ai loro avi ma anche l'irrisolto del destino che sopravvive nel dramma esistenziale dei protagonisti.

Il libro deve la sua forza di attrazione a una strategia testuale efficace e complessa, che padroneggia con grande abilità le tecniche narrative. Grazie a uno stile semplice, a una scrittura tutta cose e a una resa filmica delle varie sequenze, questo libro si presta bene (e si candida) a una trasposizione televisiva.

Giovanni Criscione

Recensione del romanzo Iris

Giuseppina di Giorgio

La lettura del romanzo Iris è una lettura appassionante e nel contempo scorrevole, che procede con fluidità e senza ristagni, ed in cui si apprezza la bravura della scrittrice nell'aver sapientemente mescolato ed intrecciato temi ed elementi afferenti a diversi ambiti della realtà umana: sentimentali, psicologici e psicanalitici, onirici, soprannaturali, storici, filosofici.

Di conseguenza, uno dei primi interrogativi che tale lettura solleva riguarda la collocazione di genere ed il tentativo di capire all'interno di quale filone il romanzo possa essere catalogato; dopo aver esitato tra varie etichettature – giallo, romanzo psicologico, storico, realismo magico di stampo sud-americano- va da sè che esso sfugge ad ogni tentativo di assoggettamento a questo o a quell'altro genere romanzesco, ma che proprio in questo risiede la sua originalità, nel fatto che esso riceve suggestioni da tutti questi generi che la ricca cultura di Daniela Fava conosce e fa propri.

Immediatamente, quello che balza agli occhi come uno dei temi principali, è quello della dimensione parallela, dimensione che rimanda ad una realtà "altra", fatta di entità e presenze a noi invisibili, ma che vivono una vita adiacente alla nostra, riuscendo a materializzarsi solo al cospetto degli esseri più predisposti o aventi più urgenza di "verità".

Nella premessa l'autrice ci dà la sua personale chiave di lettura: "Forse molte anime, molti spiriti accompagnano il nostro cammino. Basterebbe aprire il nostro cuore ed ascoltare la loro voce, (…) i loro messaggi. Non bisognerebbe temerli ".

Fin dalla prima pagina l'elemento realistico e quello onirico si giustappongono, e nel corso della narrazione si alterneranno, dandosi il passo l'uno l'altro. Ai sogni, infatti, si accompagneranno anche delle visioni durante la veglia, da parte della protagonista, Bianca. Ed è soprattutto nei momenti in cui la storia abbandona il realismo per inoltrarsi nel mondo del sogno che il racconto raggiunge la sua migliore originalità.

Così nel romanzo accade che una delle due protagoniste, Bianca, inizialmente suo malgrado, entra in contatto, in sogno, con lo spirito di una defunta, Iris, una misteriosa giovane donna che, lanciandole messaggi ricorrenti, la guida verso la verità; e grazie a questi messaggi la verità verrà ristabilita su un duplice piano: Bianca, da un lato, viene a conoscenza delle sue origini, che la legano strettamente e familiarmente ad Iris, la donna del sogno, ma nello stesso tempo essa scopre l'autentica verità sulla morte di Iris e di suo figlio.

Ed è questo fondamentale elemento del sovrannaturale, della vena di trascendenza e di spiritismo per cui la defunta si manifesta tramite il sogno e le visioni, e per cui, allo stesso modo, anche il personaggio di Bianca è capace di mettersi in contatto con lo stesso spirito defunto, che apparenta a tratti il romanzo di Daniela Fava al realismo magico di Gabriel García Marquez e della Allende de "La casa degli spiriti".

Di questi elementi paranormali, che, pur mantenendo un legame saldo con la realtà, si collocano al confine o al di sopra della realtà visibile, possiamo trovare traccia anche in un precedente romanzo della nostra autrice: "Le radici dell'amore". Sono due, qui, i momenti narrativi di realismo magico, entrambi risolutivi di un'impasse psicologica che impedisce ai due protagonisti, innamorati l'uno dell'altro, ma ancora prigionieri di un passato sentimentale fallimentare, di abbandonarsi all'amore. Ed è solo grazie all'intervento della defunta moglie del protagonista Nicola, Giovanna, apparsa prima a lui in sogno e poi anche a lei, a Maria, andata a farle visita al cimitero, che entrambi saranno "illuminati" sulla via da seguire, una via che li porterà ad assecondare il loro cuore, riuscendo a cogliere l'opportunità che la vita sta offrendo loro di innamorarsi di nuovo.

E quest'atmosfera sovrannaturale, ammantata di spiritismo, non ci può non suggerire una fiducia negli spiriti ed in una dimensione trascendente o piuttosto immanente, che aleggia continuamente nel racconto.

C'è poi il motivo della verità- ricercata seguendo il messaggio della donna misteriosa, che invita Bianca a non fermarsi all'apparenza delle cose, ma ad andare oltre, a scavare dentro esse - che riconduce ad una tematica universale, dal sapore filosofico, quella dell'eterno conflitto tra verità e menzogna, tra bene e male.

Quest'ultimo tema - quello della contrapposizione tra la forza negativa del male e quella positiva del bene, tra la menzogna, l'odio e la crudeltà, da un lato, e l'amore, la dignità e la solidarietà, dall'altro lato - compare frequentemente nel romanzo, incarnandosi rispettivamente nei personaggi delle due sorellastre, Emma ed Iris, personaggi dalla forte connotazione simbolica, ma aventi nello stesso tempo un denso spessore psicologico.

Queste, infatti, vengono tratteggiate in maniera precisa e con una personalità ben individualizzata. Nel caso di Emma, personaggio antagonista rispetto a quello della protagonista Iris, per esempio, si tratta, è vero, di un personaggio visto come l'incarnazione del male, ed essa esercita tutto il suo odio e la sua rabbia nei confronti della sorella Iris, ma è anche vero che il personaggio di Emma non si risolve tutto nell'idea del male che esso personifica. Al contrario l'autrice si sofferma in una intensa analisi psicologica, che ne spiega l'indole "cattiva", riconducendola alla gelosia ed all'invidia che Emma nutriva fin da ragazzina nei confronti della nuova "sorellina", la preferita di suo padre; tuttavia, trattandosi di rabbia non manifesta, questa ha dato origine ad una sorta di "aggressività passiva".

Insomma, accanto ai temi universali citati prima, quali la ricerca della verità e delle proprie origini, la morte, il dolore, il tempo, la vita, l'amore - che l'autrice tratta spesso secondo poli dialettici- accanto all'atmosfera magica e sovrannaturale, possiamo altresì rintracciare nel romanzo delle implicazioni di natura psicologica, che ne rendono profonda la lettura; e non è tutto: il romanzo può assumere di volta in volta i contorni di un racconto magico, psicologico, filosofico, così come di un romanzo storico o addirittura di un giallo.

Sono presenti, infatti, nella narrazione, dei riferimenti storici al periodo fascista ed ai traumi e gli orrori della seconda guerra mondiale, che fanno da sfondo agli eventi narrati in maniera puntuale e precisa, consegnandoci una non comune capacità narrativa di penetrare nelle più recondite pieghe della storia nazionale ed europea e di riuscire a coinvolgere anche il lettore più disinteressato alle vicende di questo periodo storico, a volte giudicate troppo distanti dal nostro presente.

D'altro canto, la "distrazione" storica che occupa una buona metà della seconda e della terza parte del libro, pur rimanendo intimamente intrecciata con gli eventi precedentemente narrati, per il fatto tuttavia di intervenire in un punto della narrazione in cui si comincia ad intuire una qualche chiarificazione dell'enigma riguardante l'identità della donna sognata e il suo rapporto con il personaggio raffigurato nel quadro, non fa altro che allontanare nel tempo la risoluzione dell'enigma stesso, rafforzando in tal modo l'effetto di suspense. E questo stratagemma narrativo, per cui il lettore resta sempre con l'ansia di sapere, non è l'unico elemento in cui l'adiacenza con il genere poliziesco si è fatta sentire.

E' vero, infatti, che la narrazione si snoda alla maniera di un vero e proprio romanzo giallo; l'intera impalcatura della storia si basa sul mistero apparentemente inesplicabile della donna misteriosa che turba i sogni di Bianca e l'azione decisiva che si svolge nel romanzo è il processo di decifrazione del mistero, che funziona secondo due poli: il polo positivo dell'informazione e quello negativo dell'emozione, che rallenta l'informazione stessa. Tuttavia nelle ultime pagine del romanzo, la narrazione subisce un'improvvisa accelerazione, quando nel capitolo IX, in seguito ad un'immagine vista in sogno, Bianca si reca in una vecchia soffitta semiabbandonata alla ricerca di un diario. E sarà in questo spazio simbolico, magico, quasi fuori dal tempo, che l'autrice, con un espediente tecnico singolare, quello della "myse en abîme", il libro nel libro, farà sì che la protagonista, Bianca, possa infine leggere dalle parole di Emma la vera storia, quella che conosce e quella che non conosce. Sarà così rivelata la verità circa la morte di Iris. Infine nel X capitolo, verrà svelato il mistero del mazzolino d'iris bianco, che nelle visioni di Bianca aveva sempre accompagnato la donna misteriosa, Iris.

In breve, c'è un enigma da svelare, ci sono degli indizi centellinati uno ad uno, ci sono tutti gli ingredienti capaci di stimolare pagina dopo pagina la curiosità del lettore, ma senza privarlo del desiderio di gustare ogni singola pagina ed ogni singola riga, costruite con arguzia e maestria di scrittrice navigata, quale è ormai Daniela.

Recensione di Cristina Scucces sul romanzo Iris


Delizioso romanzo che ci fa riflettere sul sogno-realtà che indubbiamente guida la vita di ciascuno di noi.

La vicenda della protagonista è raccontata mirabilmente con dei particolari che di primo acchitto possono sembrare eccessivi ma che nella stesura intera ci si accorge che sono necessari.

Anche in questo si nota come lo stile letterario di Daniela è divenuto ricercato,acuto, sicuramente sempre più gradevole , con un crescendo che ogni volta supera ogni aspettativa.

Com'è nel suo stile, la vicenda del romanzo ha mille sfaccettature, e non mancano anche cenni storici che ben si inseriscono nel contesto e che ci aiutano a capirne meglio il significato. E' appunto per questo che lo giudico completo, appagante.

La storia di Bianca è forse la storia di ogni donna che caparbiamente non smette di cercare la verità anche a costo di essere considerata una matta, una fissata, e che proprio per questa sua ostinazione riesce a trovare le sue radici, e, finalmente quella pace tanto agognata che solo la verità può dare. Tutte le vicende che si presentano tra sogno e realtà, fanno si che il lettore non può fare a meno di sentirsi egli stesso confuso tra sogno e realtà. In alcune pagine Daniela riesce talmente bene nella sua descrizione , da stimolare oltre la fantasia di ciascun lettore, anche le attività sensoriali e tra questi maggiormente quello olfattivo. Nella descrizione infatti della stanza di Madame Colette si sente proprio il profumo di quel mazzolino di Iris descritto.

I cenni storici che si riferiscono al periodo nazifascista sono narrati in maniera semplice e al tempo stesso incisiva e rievocano con maestria l'attività dei partigiani e delle partigiane. Sono dei momenti storici che , come dice l'autrice è bene ricordare di tanto in tanto perché non cadano nel dimenticatoio.

Non è possibile raccontare neanche un po' della storia d'amore, perché non vorrei togliere ai lettori la magia di questo romanzo.

Articolo su Daniela Fava, Rivista It's different magazine,  di Ornella Fiorentini, Ravenna

Articolo tratto da La Sicilia

Recensione di Mariacarmela Floridia, romanzo Oltre i limiti della ragione

Il racconto poetico e reale di una tragedia moderna, narrata in maniera stimolante e incantevole. Il romanzo di Daniela Fava si sviluppa con linearità e calore, facendoci riflettere sui sentimenti e sulle passioni. Il vero protagonista del romanzo è l'amore folle: da quello di Fabrizio per la sua piccola dea a quello morboso della protagonista Ortensia per Andrea fino ad arrivare a quello malato dei genitori.

é un romanzo bello, intenso e schietto dove la "malattia" dell'amore non corrisposto è raccontata senza ipocrisia, attraverso l'esperienza di una protagonista che con la sua forza e la sua debolezza colpisce nell'anima del lettore. Rende perfettamente il disagio di una donna che spesso si sente sola, che è costretta a gestire con le proprie forze solamente, il rapporto complicato con sè stessa e con coloro che la circondano. Una donna che non si vede all'altezza della situazione, che vorrebbe mostrarsi forte, a volte, desiderosa di protezione, altre volte, ma che ricerca in maniera morboso un amore utopico. Una donna che nonostante la consapevolezza incoscia del suo essere sola, ha l'esigenza di sentirsi amata, violata nell'intimità. Un romanzo che fa riflettere sui sentimenti, sull'ipocrisia in società e l'importanza dell'apparenza e del successo, in un mondo dove ci si dimentica spesso in fretta del passato e si giudica senza pietà.

Il racconto mette a nudo le fragilità di ogni esser umano, senza distinzione di sesso e ceto, mettendone in rilievo la sofferenza e la debolezza. Un romanzo che fa riflettere, piangere e provare emozioni intense fino all'ultima pagina in un crescendo simile a uno spettacolo teatrale e alla fine, quando cala il sipario, viene voglia di fare un applauso silenzioso all'autrice.

Intervista di Piero Giunta per Radio Dimensione Musica di Ispica al seguente link:

https://youtu.be/ORrgR6LEB1c

Intervista di Piero Giunta per Radio Dimensione Musica di Ispica al seguente link:

https://youtu.be/FG9tgXE1gls


Intervista di Piero Giunta per Radio Dimensione Musica di Ispica al seguente link:

Intervista per "Radio Gem"da parte degli studenti del Liceo "G.Marconi" di Conegliano sul testo teatrale Lettera a mia madre con lettura di parti dell'opera. 

 https://gsant.my.canva.site/radio-gem

 

Servizio sullo spettacolo "Una luce nel buio".

Intervista di Piero Giunta per Radio Dimensione Musica di Ispica al seguente link: 
https://youtu.be/HHj64P3AhAc?si=Jdp97Bx3a97_YX-y


Articolo di Mariacarmela Torchi. XV Premio Navarro, testo teatrale "Voci nel silenzio "
LA SICILIA, 22 Maggio 2024, Articolo di Mariacarmela Torchi. XV Premio Navarro, testo teatrale "Voci nel silenzio ".
Articolo pagina Facebook IIS "G. LA PIRA" POZZALLO sul Premio Navarro per l'opera "Voci nel Silenzio".


https://www.facebook.com/61552663304223/posts/122154449936088776/?mibextid=rS40aB7S9Ucbxw6v

Intervista di Piero Giunta per Radio Dimensione Musica di Ispica al seguente link:
site:daniela-fava.webnode.it
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